Nulla è più vero del nulla
Questo era il segreto dell'incanto di quel paesaggio: esso e soltanto esso riproduceva, con tagli e abbreviazioni, una storia della creazione in cui, nel corso di alcune ore, si potevano attraversare le diverse conformazioni della terra rimanendo immobili; ci si poteva ristorare ritrovando sensazioni che conducevano il pensiero all'origine; riposarsi negli stadi evolutivi passati, lasciando che si smorzasse la faticosa tensione che nasce dallo sforzo di raggiungere nuovi livelli nello sviluppo della cultura; ricadere quasi in un salutare torpore e sentirsi una sola cosa con la natura".
- August Strindberg, Mare aperto
Così, Luca Cappellaro, Simona Lunatici, Francesco Pittorru, Massimiliano Pugliese, Simona Scalas e Orith Youdovich, hanno percorso sentieri assolutamente personali rispettando in pieno le proprie concezioni stilistiche nel campo della fotografia.
Si sono intimamente accostati ad August Strindberg e Ingmar Bergman accogliendo in loro alcune profonde risonanze dei due autori e cercando di collocarsi nel solco di una tradizione artistica tesa, contemporaneamente, ad allungare le proprie radici nell’opera di riferimento sostanziale di cui si condividono le fondamenta intellettuali e ad esprimere un proprio universo personale costituito da istanze visionarie.
Le immagini dei membri del Gruppo di Ricerca Satantango si configurano, così, come aree comunicative soggettive non generate, banalmente, da una condizione emotiva superficiale quanto piuttosto da un’insopprimibile consonanza interiore.
Tutto ciò si è declinato in special modo in inquadrature dedicate al paesaggio e alla raffigurazione della natura. Quest’ultima appare strindberghianamente e bergmanianamente enigmatica, indecifrabile, per certi versi ostile, mai rassicurante. Paesaggi marini criptici, rocce a picco sul mare, aree lacustri insensate, radure improvvise, manufatti cadenti sullo sfondo o che si intravedono nel fitto di un bosco, alberi spogli e forse già morti, interni algidi e vuoti. Nessuna visualizzazione della natura, e del mondo in generale, è svenevolmente estetizzante né evocatrice di un riscatto esistenziale, di fatto, impossibile. Silenzio, solitudine, sospensione, vuoto sono elementi che regnano sovrani, granitici, indisturbati.
La figura umana emerge in modo episodico. Si tratta di epifanie che comunicano sempre una condizione di totale separazione dalle sicurezze di una realtà sfuggevole, addirittura inesistente. Perché l’unica certezza che governa le vite delle donne e degli uomini è che il nulla contiene, impassibile e gelido, la nevrotica e frustrante disperazione dei loro sguardi.
Si sono intimamente accostati ad August Strindberg e Ingmar Bergman accogliendo in loro alcune profonde risonanze dei due autori e cercando di collocarsi nel solco di una tradizione artistica tesa, contemporaneamente, ad allungare le proprie radici nell’opera di riferimento sostanziale di cui si condividono le fondamenta intellettuali e ad esprimere un proprio universo personale costituito da istanze visionarie.
Le immagini dei membri del Gruppo di Ricerca Satantango si configurano, così, come aree comunicative soggettive non generate, banalmente, da una condizione emotiva superficiale quanto piuttosto da un’insopprimibile consonanza interiore.
Tutto ciò si è declinato in special modo in inquadrature dedicate al paesaggio e alla raffigurazione della natura. Quest’ultima appare strindberghianamente e bergmanianamente enigmatica, indecifrabile, per certi versi ostile, mai rassicurante. Paesaggi marini criptici, rocce a picco sul mare, aree lacustri insensate, radure improvvise, manufatti cadenti sullo sfondo o che si intravedono nel fitto di un bosco, alberi spogli e forse già morti, interni algidi e vuoti. Nessuna visualizzazione della natura, e del mondo in generale, è svenevolmente estetizzante né evocatrice di un riscatto esistenziale, di fatto, impossibile. Silenzio, solitudine, sospensione, vuoto sono elementi che regnano sovrani, granitici, indisturbati.
La figura umana emerge in modo episodico. Si tratta di epifanie che comunicano sempre una condizione di totale separazione dalle sicurezze di una realtà sfuggevole, addirittura inesistente. Perché l’unica certezza che governa le vite delle donne e degli uomini è che il nulla contiene, impassibile e gelido, la nevrotica e frustrante disperazione dei loro sguardi.
da "Leggere Strindberg, guardare Bergman. Inoltrarsi fotograficamente nel territorio del nulla." di Maurizio G. De Bonis
Immagini tratte dal libro "NULLA È PIÙ VERO DEL NULLA – Appunti visuali su Ingmar Bergman e August Strindberg" (Punto di Svista 2023) - del Gruppo di Ricerca Satantango.
All images © Luca Cappellaro. All rights reserved